LE REVOCATORIE FALLIMENTARI NELLA PRASSI GIURISPRUDENZIALE

Nicola Magaletti
Magistrato presso la Sezione fallimentare del Tribunale di Bari

LE REVOCATORIE FALLIMENTARI NELLA PRASSI GIURISPRUDENZIALE
1. Azione revocatoria e ricorso abusivo al credito, 2. La prova dello stato di insolvenza, 3. I sintomi rilevanti, 4. Le rimesse sul conto corrente bancario, 5. Ammissione al passivo del saldo di conto corrente e revocatoria, 6. Sconfinamenti tollerati, 7. Rimesse su conto corrente non assistito da apertura di credito: casi analoghi, 8. Sconfinamento eccedente l’apertura di credito, 9. La Cassazione fra Irrevocabilità assoluta e indiscriminata revocabilità, 10. Il conto scoperto e il conto semplicemente passivo, 11. Il conto assistito da apertura di credito, 12. I principi affermati dalla Cassazione, 13. Critiche della dottrina, 14. La teoria della revocabilità del rientro, 15. Saldi contabili o saldi per valuta, 16. Il c.d. saldo disponibile, 17. Anticipazione su titoli non accettati, 18. Revocabilità della cessione del credito, 19. Cessione pro soluto e cessione pro solvendo, 20. Cessione di credito a scopo di garanzia, 21. Cessione di credito a titolo gratuito, 22. Cessione di credito a titolo oneroso: distinzione, 23. Cessione di credito e mandato all’incasso, 24. Cessione di credito in funzione di garanzia, 25. Revocabilità delle garanzie ipotecarie, 26. Il momento di costituzione della garanzia ipotecaria, 27. Rapporto temporale fra debito ed ipoteca, 28. Garanzia ipotecaria e proroga della scadenza o rinnovo del debito, 29. Posizione della giurisprudenza, 30. Garanzia coeva al rilascio di cambiale per debito preesistente, 31. Cancellazione di ipoteca e sua sostituzione su beni diversi, 32. Garanzie per debiti preesistenti scaduti, 33. Garanzie costituite per debiti scaduti e per debiti non scaduti: differenza, 34. Simulata apertura di credito e contestuale concessione di garanzia, 35. Atti costitutivi di diritto di prelazione per debiti preesistenti, 36. Il concetto di contestualità, 37. Ipoteca giudiziale iscritta in virtù di decreto ingiuntivo opposto, 38. Ricorso abusivo al credito, Concordato Preventivo e Amministrazione controllata.

1. Azione revocatoria e ricorso abusivo al credito

L'azione revocatoria fallimentare può in un certo senso considerarsi il rovescio della medaglia della fattispecie prevista dall'art.218 L.F.

In primo luogo deve sottolinearsi che nel ricorso abusivo al credito viene in considerazione quale elemento materiale del reato un atto di disposizione posto in essere dal contraente in bonis in favore del soggetto che versa in una situazione di dissesto laddove la revocatoria fallimentare colpisce un atto posto in essere dall'imprenditore insolvente, successivamente dichiarato fallito. Ancora deve osservarsi che, di regola, il ricorso abusivo al credito è pregiudizievole dei diritti e degli interessi del soggetto che ha concesso il credito laddove l'atto soggetto a revocatoria è lesivo degli interessi dell'intera massa dei creditori. Ancora più rilevante appare l'antinomia con riferimento all'elemento psicologico se si considera che l'art.218 L.F. postula l'ignoranza, da parte di colui che concede credito, della reale situazione di dissesto in cui versa il debitore, da quest'ultimo dissimulata, laddove l'art.67 L.F. prevede tra gli elementi costitutivi dell'azione la conoscenza, da parte del contraente o comunque del soggetto in bonis, dello stato di insolvenza dell'imprenditore poi dichiarato fallito. In talune ipotesi, e sono quelle elencate nell'art.67 1°co.L.F., che la dottrina sussume nella categoria dell'azione revocatoria aggravata, tale conoscenza è presunta, salva la facoltà di fornire la prova contraria, laddove nelle ipotesi di revocatoria semplice previste dal secondo comma dell'articolo di legge citato, l'onere della prova ricade sul Curatore.

2. La prova dello stato di insolvenza

Tale prova può essere fornita con ogni mezzo. In virtù di un indirizzo giurisprudenziale assolutamente consolidato, può con tranquillità affermarsi che la prova stessa ben può essere fornita (e nella pratica accade molto spesso) mediante presunzioni, purché gravi e univoche. Anzi, secondo alcune pronunce la prova può ritenersi raggiunta anche sulla base di un solo elemento presuntivo, purché univoco. E' stato altresi precisato che gli indici presuntivi dello stato d'insolvenza sono gli stessi che, ai sensi dell'art. 5, legge fallimentare, consentono al giudice di ritenere lo stato d'insolvenza ai fini della relativa dichiarazione. Inoltre prendendo lo spunto dal pacifico principio per cui "l'onere probatorio del curatore va ritenuto assolto con la dimostrazione dell’esistenza di circostanze tali da determinare la conoscenza dello stato d'insolvenza in un soggetto di normale prudenza e avvedutezza" ci si è chiesti se la prova richiesta al curatore verta non tanto sulla conoscenza obiettiva ed effettiva, quanto sulla conoscibilità dello stato d'insolvenza da parte di un soggetto normalmente diligente. A tale quesito si è data risposta affermativa, con il limite, tuttavia, che la conoscibilità può essere assunta come indizio per risalire, in base all'id quod plerumque accidit, all'accertamento della conoscenza obiettiva. Assai interessanti, per esattamente comprendere la portata del principio, appaiono due decisioni del supremo Collegio. La prima, n. 4182/80, ha statuito che la prova può essere fornita "anche per mezzo di presunzioni tali da rendere inverosimile l'ignoranza dell'accipiens". La seconda ha poi chiarito definitivamente i termini generali del problema: "La conoscenza da parte del creditore dello stato d'insolvenza del debitore, secondo la previsione dell'art. 67, legge fallimentare, pur dovendo essere effettiva e non meramente potenziale, non deve consistere nell'esclusivo e concreto accertamento della situazione psicologica in cui la parte versi, ma può essere desunta da elementi attinenti alla conoscibilità dell'insolvenza stessa da parte di un soggetto di ordinaria prudenza e avvedutezza, in quanto idonei a fornire presunzioni su tale effettiva situazione psicologica del debitore".

3. I sintomi rilevanti

Un'esposizione dell'amplissima casistica sui sintomi che, di volta in volta, sono stati giudicati rilevanti ai fini della prova in questione non è possibile evidentemente in questa sede. Può essere sufficiente ricordare, in via indicativa, che sono stati ritenuti sintomi sufficienti: la pubblicazione di protesti cambiari a carico del debitore; il ricorso da parte del'accipiens ad esecuzioni forzate; ove pubblicamente conoscibile, la pendenza di istanze di fallimento; i reiterati e non giustificabili ritardi nell'adempimento di obbligazioni, l'adesione a concordati extragiudiziali; le dilazioni di pagamento se concorrenti con altri elementi sintomatici (quale, ad es., la modificazione delle forme di pagamento), la comparsa sulla stampa di notizie sulla situazione dell'impresa, specialmente con riguardo ai rapporti coi dipendenti; la rateizzazione di debiti scaduti, ove poi neppure le scadenze rateali siano rispettate, la sospensione delle forniture per indurre il debitore a pagare. Sono stati, al contrario, giudicati sintomi non univoci, e quindi di per se insufficienti, la negoziazione di dilazioni di pagamento o di regolamenti rateali; il pagamento mediante girata di effetti tratti su terzi ,il rilascio di assegni postdatati.

4. Le rimesse sul conto corrente bancario

Scendendo nello specifico delle singole ipotesi la disamina non può che partire dalle questioni connesse alla revocabilità delle rimesse sul conto corrente bancario considerata l'importanza anche in termini quantitativi del fenomeno. Amplissimo è stato, nei tempi più recenti, il dibattito giurisprudenziale e dottrinale sul tema della revocabilità delle rimesse effettuate dall'imprenditore sul conto corrente intrattenuto con un Istituto bancario. II problema si appunta essenzialmente sulla qualificazione di tali rimesse come pagamenti alla banca, essendo evidente che, qualora si dia in proposito risposta positiva, può prospettarsene la revoca, autonoma e distinta per ciascuna rimessa, in base al secondo comma dell'art. 67. L'ampiezza del dibattito e la quantità degli argomenti addotti sui vari aspetti della questione sono tali da indurmi a limitarmi ad un accenno ai vari problemi via via affrontati ed alle soluzioni offerte dalla giurisprudenza prevalente.

5. Ammissione al passivo del saldo di conto corrente e revocatoria

E’ orientamento consolidato che non sia necessaria, da parte del curatore, I'espressione di una riserva di azione revocatoria all'atto dell'ammissione al passivo del saldo di conto corrente risultante a credito della banca, come condizione per il successivo esperimento dell'azione stessa.

Del pari costante e l'indirizzo per cui la definitiva ammissione al passivo del saldo di conto corrente a credito della banca non preclude la revocatoria delle singole poste del conto. E' pacifico altresì che l'azione revocatoria in tanto può configurarsi in quanto diretta a colpire rimesse effettuate su un conto corrente con saldo a debito del correntista. La ragione è evidente: in presenza di un conto con saldo a zero ovvero a credito del correntista, non vi è alcun credito della banca e le rimesse non possono, perciò, costituire pagamenti a favore di quest'ultima.

Quando invece la rimessa sia effettuata su un conto con saldo debitore, non può a priori escludersi l'ipotesi che essa possa configurarsi come pagamento

6. Sconfinamenti tollerati

Nel caso in cui lo scoperto del conto corrente sia stato determinato da sconfinamenti tollerati di fatto dalla banca, in assenza di una positiva apertura di credito, il consolidato orientamento della Corte di cassazione e dei giudici di merito è nel senso di attribuire a ciascuna rimessa, in sé autonomamente considerata, natura solutoria e, perciò, di consentirne la revoca in quanto "pagamento".

7. Rimesse su conto corrente non assistito da apertura di credito: casi analoghi

La soluzione della revocabilità di tutte le rimesse effettuate su conto corrente non assistito da apertura di credito è stata altresì estesa ai casi di conto corrente assistito da apertura di credito qualora l'apertura sia stata revocata, sostituita da altra concessione di fido, o venuta meno per mancato rinnovo alla scadenza. E tale soluzione è stata accolta anche nell'ipotesi in cui, venuta meno per qualunque motivo l'apertura di credito, la banca abbia ciononostante consentito il proseguire dei prelievi allo scoperto.

Infatti l'art. 6 delle "Norme uniformi che regolano i conti correnti di corrispondenza" esclude espressamente la possibilità di presumere la prosecuzione tacita dell'apertura di credito.

8. Sconfinamento eccedente l’apertura di credito

Uguale soluzione deve, ancora, darsi all'ipotesi di rimesse effettuate su conto corrente assistito da apertura di credito con saldo debitore eccedente quello consentito dall'apertura di credito: non può infatti revocarsi in dubbio che la misura dello sconfinamento eccedente l'apertura di credito rappresenta un debito immediatamente esigibile da parte della banca, e che le rimesse hanno, rispetto ad essa, effetto solutorio.

9. La Cassazione fra Irrevocabilità assoluta e indiscriminata revocabilità

Nel contrasto persistente in dottrina e giurisprudenza tra i sostenitori della tesi della irrevocabilità di qualsiasi rimessa e quelli della tesi della revocabilità di tutte le rimesse, la Suprema Corte, con due importanti pronunce (v. Cass. 18 ottobre 1982, n. 5413, e Cass. 29 ottobre 1983, n. 6430,) disattendendo sia la tesi dell'indiscriminata revocabilità sia quella dell’irrevocabilità assoluta delle rimesse, ha elaborato una tesi intermedia.

10. Il conto scoperto e il conto semplicemente passivo

In primo luogo e stata evidenziata la distinzione tra "conto scoperto" e "conto semplicemente passivo". Per scoperto di conto si intende sia l'ipotesi dell'assenza di un rapporto avente per effetto quello di costituire, a favore del correntista, un credito disponibile verso la banca (anticipazione bancaria o apertura di credito), sia l'ipotesi, del tutto analoga sotto il profilo che qui interessa, del cosiddetto "sconfinamento" dal fido concesso; in entrambi i casi il saldo debitore a carico del correntista costituisce sicuramente un credito della banca esigibile in qualsiasi momento, a fronte del quale le rimesse che affluiscono sul conto vengono ad avere un carattere solutorio, nel limite in cui eliminano lo scoperto.

Per conto passivo si intende, invece, il conto assistito da un rapporto di credito entro il quale sono mantenute le operazioni di prelievo, cosi che le rimesse in tal caso hanno funzione di ripristino della disponibilità e solutoria solo nei limiti del mancato reimpiego, secondo una valutazione ex-post' da farsi alla chiusura del conto>>.

11. Il conto assistito da apertura di credito

Sulla scorta di tale distinzione la Corte di Cassazione ha affermato il principio per cui, nel caso di conto assistito da apertura di credito, essendo il conto soltanto passivo ma non scoperto, il debito del correntista non e immediatamente esigibile e le rimesse non hanno, perciò, funzione solutoria. Tale funzione può essere attribuita soltanto a quegli accreditamenti che, considerati ex post nel complesso dei movimenti del conto, risultino avere effettivamente ridotto l'esposizione del debitore verso la banca: sì che gli stessi sono revocabili soltanto in misura pari alla differenza fra il massimo scoperto del conto nel periodo sospetto e il saldo debitore finale.

12. I principi affermati dalla Cassazione

Con le sentenze sopradette seguite da numerose altre la Corte di legittimità ha in sostanza stabilito i seguenti principi:

a) qualora il saldo di conto sia "passivo", ma non "scoperto" in quanto la prowista sia costituita da apertura di credito regolarmente concessa dalla banca, gli accreditamenti che hanno funzione di ripristino della disponibilita nell'ambito del limite dell'importo di questa, non possono avere anche natura di pagamento ed essere revocabili,

b) è revocabile invece ciascun accreditamento o versamento effettuato in presenza di "sconfinamento", per la parte corrispondente alla differenza tra l'effettivo saldo debitore e l'importo del fido concesso, poiché l'accreditamento non può ritenersi avere per quella parte funzione di ripristino della disponibilità, ma esclusivamente quella di pagamento del debito immediatamente liquido ed esigibile creatosi per effetto dello "sconfinamento" rispetto al limite del fido concesso al correntista.

13. Critiche della dottrina

Tale orientamento della Cassazione è stato oggetto di critiche. E' stato osservato che le motivazioni che sorreggono le decisioni esaminate sono talvolta poco convincenti e scientificamente non sempre accurate.

Critiche all'orientamento della Cassazione sono state mosse in particolare sotto il profilo della affermata revocabilità di tutte le rimesse che affluiscono su conti non assistiti da apertura di credito (o altri contratti di credito) o su conti "sconfinati" dal fido. Si è osservato che, secondo tale impostazione, allorché lo scoperto è oltre i limiti del fido concesso, la banca è esposta ad una revocatoria pari alla somma delle rimesse affluite sul conto, a prescindere dalla effettiva esistenza di qualsiasi "rientro" ed in ogni caso (o quasi sempre) per importi superiori (e spesso enormemente superiori) a quello del "rientro" effettivo.

14. La teoria della revocabilità del rientro

Sulla scorta di tali rilievi, anche successivamente alla sentenza di Cass. n. 5413/82, in alcune decisioni, le Corti di merito per un certo periodo si sono attenute alla cosiddetta teoria della "revocabilità del rientro" dalla banca, individuandolo nella differenza tra il "massimo scoperto" (che corrisponderebbe al punto più elevato del saldo contabile negativo del conto) ed il saldo finale alla data del fallimento in base ad un accertamento da operarsi ex post. In tempi più recenti tale teoria e stata ripresa e dalla Corte di Cassazione e da alcuni giudici di merito.

Secondo tali decisioni la revocabilità può colpire soltanto le rimesse in conto qualificabili come pagamenti in favore della banca, in quanto aventi l'effetto di eliminare o ridurre il passivo nell'ambito del credito concesso.

15. Saldi contabili o saldi per valuta

Rimane infine il problema se, ai fini della individuazione delle situazioni di conto scoperto (e, quindi, dei correlati versamenti aventi natura solutoria) si debba far riferimento ai saldi contabili risultanti dall'estratto conto per movimento o ai saldi per valuta.

Una parte della giurisprudenza ritiene che si debba far riferimento ai saldi contabili, in base alle seguenti considerazioni:

- la data di valuta non svolge la funzione di indicare il momento della disponibilità delle somme versate o annotate a credito, ma serve soltanto ai fini della decorrenza degli interessi, sia attivi che passivi e pertanto concerne il regime degli interessi e non coincide necessariamente con la data in cui il correntista acquista la disponibilità delle somme annotate a suo credito.

Ne consegue che la pretesa di individuare lo scoperto di conto seguendo, indiscriminatamente, i saldi per valuta, deve considerarsi scorretta.

Infatti poiché è l'esistenza di una disponibilità che abilita il correntista ad utilizzare in qualsiasi momento le somme iscritte a suo credito, rimane il problema di accertare il momento in cui tale disponibilità si realizza in caso di versamento di titoli di credito (assegni bancari, effetti cambiari) rimessi alla banca per l'incasso, posto che in tale caso la banca non diviene cessionaria dei titoli e non ne accredita l'importo o altra somma minore al correntista quale corrispettivo della cessione, ma agisce come semplice mandataria, sicché il correntista-mandante viene ad acquistare la disponibilità del danaro soltanto dopo che il titolo sia stato pagato.

16. Il c.d. saldo disponibile

Invero nè il saldo contabile nè il saldo per valuta permettono di conoscere l'effettiva disponibilità del conto. Ne consegue che per individuare le rimesse solutorie e quelle ripristinatorie occorrerebbe, più correttamente, far riferimento al saldo disponibile. L'applicazione di tale criterio tuttavia è ostacolata dal fatto che l'estratto conto non evidenzia il saldo disponibile ma quelli contabile e per valuta.

A tale inconveniente la Cassazione da ultimo ha tentato di porre rimedio affermando il principio che quando nel periodo sospetto emergono soltanto operazioni di rimessa di titoli all’ordine o di carte commerciali, si può legittimamente presumere la coincidenza del saldo disponibile con quello per valuta, salva la prova da parte della banca dell’anteriorità del pagamento del terzo rispetto alla valuta. Laddove invece si tratti di operazioni costituite da versamenti in contanti ovvero mediante emissione di assegno da parte del correntista si potrà utilizzare a fini probatori il saldo contabile.

17. Anticipazione su titoli non accettati

Il principio interpretativo adottato per le rimesse in conto corrente bancario trova applicazione anche nel caso in cui l'anticipazione sia avvenuta su titoli non accettati e non in base ad apertura di credito.

Resta infine da segnalare, con riferimento al cosiddetto castelletto di sconto, che in tale ipotesi la banca s'impegna a scontare titoli e ricevute bancarie che il cliente le affida e dunque tale pattuizione non implica alcun trasferimento di denaro a questi e non rappresenta l'ammontare delle somme di cui il cliente Po disporre, ma il limite entro il quale la banca è tenuta ad accettare i titoli presentati dal cliente. Ne consegue che l’esistenza di tale fido non può far ritenere coperto un rapporto di conto corrente bancario sicché gli eventuali versamenti sul conto, sono assoggettabili a revocatoria fallimentare in quanto il castelletto di sconto non rappresenta una forma di utilizzazione dell'apertura di credito della banca.

18. Revocabilità della cessione del credito

Non meno interessanti sono le questioni attinenti alla revocabilità della cessione del credito.

La cessione può avere ad oggetto crediti presenti, ovvero crediti futuri, sempre che al momento della conclusione del negozio, sussista il rapporto giuridico dal quale essi possano trarre origine, in modo da essere, sin da quel momento, determinati o determinabili.

19. Cessione pro soluto e cessione pro solvendo

La cessione dei crediti inoltre può avvenire: 1) pro soluto (art. 1266, Codice civile); 2) pro solvendo (art. 1267, Codice civile).

Nella cessio pro soluto a titolo oneroso, il cedente garantisce solo l'esistenza del credito al tempo della cessione (il c.d. nomen verum) e non anche la sua esigibilita; essa produce quindi l'immediata e definitiva liberazione del debitore cedente, indipendentemente dalla riscossione del credito ceduto.

Nella cessio pro solvendo il cedente risponde oltre che dell'esistenza del credito ceduto anche della solvenza del debitore (nomen bonum), solo nel caso in cui abbia convenzionalmente assunto questa garanzia.

Tra le finalità della cessio pro solvendo vanno particolarmente considerate quella satisfattoria (o di adempimento) e quella di garanzia dell'obbligazione.

Mentre nella cessio pro soluto il trasferimento del credito ceduto estingue immediatamente l'obbligazione del cedente nei confronti del cessionario, nella cessio pro solvendo con finalità satisfattoria, l'obbligazione del cedente verso il cessionario si estingue solo con (ed al momento della) riscossione del credito ceduto, cioè in un momento successivo, anche se la titolarità del credito è trasferita immediatamente dal cedente al cessionario, essendo la cessione di credito un contratto consensuale ad effetti reali.

20. Cessione di credito a scopo di garanzia

Nella cessione di credito a scopo di garanzia il credito viene trasferito intrinsecamente limitato, in quanto esso rimarrà nella sfera giuridica del cessionario sino al momento in cui non sarà estinta, per adempimento od altre cause, l’obbligazione garantita. Al momento dell'estinzione dell'obbligazione, il diritto di credito si ritrasferisce automaticamente nella sfera giuridica del cedente, senza che sia necessaria da parte del cessionario una attività negoziale diretta a tal fine; per converso, quanto riscosso dal commercio viene imputato ad estinzione del debito principale.

21. Cessione di credito a titolo gratuito

Fatte queste premesse di carattere generale, scendendo all'esame del problema della revocabilità della cessione di crediti deve osservarsi che se Il credito è stato ceduto a titolo gratuito, cioè senza corrispettivo la cessione è inefficace ex art. 64 legge fallimentare, se posta in essere nei 2 anni anteriori alla dichiarazione di fallimento del cedente, a prescindere dalla buona o mala fede del cessionario.

22. Cessione di credito a titolo oneroso: distinzione

Se invece e stato ceduto a titolo oneroso bisogna distinguere tra cessione con finalità solutoria e cessione con finalità di garanzia.

La giurisprudenza assolutamente prevalente considera la prima come mezzo anormale di pagamento e quindi revocabile ex art. 67 1° co. n. 2 L.F.

La Corte di Cassazione considera la cessione di credito un mezzo anormale di pagamento quando il suo importo, ancorché versato dalla banca sul conto corrente del cliente, venga da questa impiegato per estinguere una precedente esposizione debitoria del cliente stesso.

23. Cessione di credito e mandato all’incasso

E' opportuno precisare che revocabile è la cessione e non il pagamento del debitore ceduto, cosicché per computare il termine di 2 anni di cui all'art. 67 primo comma bisogna risalire alla data della cessione e non a quella del pagamento. La giurisprudenza si è anche occupata di quei casi in cui le parti raggiungono lo stesso risultato della cessione di credito, attraverso il conferimento al creditore, da parte del debitore, di un mandato a riscuotere crediti verso terzi.

L'operazione, di solito, si svolge secondo il seguente copione: il debitore conferisce al creditore un mandato irrevocabile all'incasso, con facoltà di utilizzare le somme incassate per l'estinzione o la decurtazione del suo credito, anche attraverso la compensazione tra le reciproche ragioni creditorie; contemporaneamente il debitore impartisce un ordine irrevocabile al terzo di effettuare tutti i futuri pagamenti al creditore, di norma attraverso l'accredito in un conto corrente aperto dal debitore presso la banca creditrice. In questo caso la giurisprudenza ha ritenuto revocabile l'intera convenzione, ritenendo che il mandato a riscuotere dissimula una cessione di credito, oppure ha revocato la compensazione operata dalla parte tra reciproche ragioni creditorie ritenendola mezzo anormale di. pagamento. Invece la cessione di credito contestuale al sorgere del debito ha, normalmente, funzione di garanzia e non solutoria, ed è pertanto revocabile ai sensi dell'art. 67, secondo comma, legge fallimentare .

24. Cessione di credito in funzione di garanzia

Revocabile ex art. 67, secondo comma, legge fallimentare e stata altresì ritenuta la cessione di credito stipulata in funzione di garanzia, per un contratto di apertura di credito in conto corrente intervenuto contestualmente tra banca ed il cliente ed in funzione solutoria dilazionata al momento della effettuazione dei pagamenti da parte del terzo direttamente alla banca stessa.

25. Revocabilità delle garanzie ipotecarie

Altro tema di indagine che offre spunti interessanti di riflessione è quello della revocabilità delle garanzie ipotecarie. Tralasciando l'ipotesi in cui sia stata costituita ed iscritta a titolo gratuito nei 2 anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, I'ipoteca è soggetta all'azione revocatoria fallimentare nelle seguenti ipotesi:

A.     se è stata costituita ed iscritta nei 2 anni anteriori alla dichiarazione di fallimento per debiti preesistenti non scaduti.

B.     se è stata costituita ed iscritta nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento per debiti scaduti;

C.     o infine se è stata costituita ed iscritta nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento per debiti contestualmente creati.

26. Il momento di costituzione della garanzia ipotecaria

II primo problema che si pone in sede di interpretazione, è quello dell'individuazione del momento in cui la garanzia deve ritenersi costituita. Secondo l'opinione prevalente, la garanzia è costituita, e diventa perciò revocabile, nel momento in cui ha avuto luogo l'iscrizione dell'ipoteca, e non nel momento della concessione della medesima. II tenore letterale della disposizione di cui all'art.67 L.F. (secondo cui sono revocati i pegni e le ipoteche volontarie "costituiti ecc. ecc.") la quale richiama l'art. 2808, secondo comma, Codice civile, in base al quale l'ipoteca "si costituisce" mediante l'iscrizione nei registri immobiliari), porta a ritenere che il legislatore si sia riferito a tale momento, come a quello che dà origine alla garanzia immobiliare ed ai diritti di preferenza di alcuno dei creditori nei confronti degli altri..

Ne consegue che, secondo l'orientamento prevalente è preferibile, sia per il computo del biennio che per l'accertamento della scienza decoctionis, si deve aver riguardo al momento dell'iscrizione dell'ipoteca; e non invece, alla data della concessione del diritto ad ottenere la garanzia.

27. Rapporto temporale fra debito ed ipoteca

Un altro problema che merita di essere affrontato è quello del rapporto temporale tra ipoteca e debito. E' controverso se, per l'accertamento della preesistenza e della scadenza del debito, si debba fare riferimento al momento dell'iscrizione dell'ipoteca, oppure al momento della concessione del diritto che abilita poi il creditore a richiedere l'iscrizione. La seconda soluzione appare preferibile e ciò in base al rilievo, certamente fondato e condivisibile che il secondo comma delI'art. 67 prevede la revocabilità delle ipoteche contestuali al sorgere del credito, ciò che sarebbe privo di senso comune, se il concetto di contestualità dovesse essere riferito al rapporto credito-iscrizione dell'ipoteca, e ciò perché, in questo caso, le ipoteche contestuali sarebbero, in pratica, inesistenti. Secondo una diversa opinione, invece, la contestualità, o meno, della garanzia rispetto al sorgere del credito non va intesa tanto in senso formale e cronologico, quanto in senso logico, cosicché la contestualità viene ritenuta sussistente anche quando l'atto costitutivo del credito e l'atto costitutivo della garanzia non siano contemporanei, ma siano il frutto dello stesso accordo contrattuale.

28. Garanzia ipotecaria e proroga della scadenza o rinnovo del debito

Altro problema affrontato dalla giurisprudenza è quello, se, nel caso di proroga del termine di scadenza del debito o di rinnovazione di effetti cambiari, con contestuale costituzione di una garanzia, quest'ultima si debba considerare costituita per un debito scaduto oppure per un debito non ancora scaduto.

29. Posizione della giurisprudenza

La questione è controversa. II supremo Collegio ha infatti optato per la prima soluzione mentre la seconda soluzione e stata accolta dalla giurisprudenza di merito.

30. Garanzia coeva al rilascio di cambiale per debito preesistente

E' invece pacifico che si deve considerare costituita per un debito preesistente la garanzia coeva al rilascio di una cambiale, ma successiva al sorgere del diritto di credito sottostante al titolo cartolare.

31. Cancellazione di ipoteca e sua sostituzione su beni diversi

Si e anche ritenuto che, in caso di cancellazione di una ipoteca contestuale alla nascita del credito e di sua sostituzione con altra ipoteca su beni diversi, la seconda ipoteca deve considerarsi costituita per un debito preesistente.

32. Garanzie per debiti preesistenti scaduti

Passando all'esame delle singole ipotesi vengono in considerazione in primo luogo le garanzie costituite per debiti preesistenti scaduti. Rientrano in questo gruppo di atti i pegni, le anticresi e le ipoteche, sia volontarie che giudiziali, costituite nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, a garanzia dell'assolvimento di debiti scaduti.

33. Garanzie costituite per debiti scaduti e per debiti non scaduti: differenza

II motivo della diversa disciplina delle garanzie costituite per debiti scaduti rispetto a quelle costituite per debiti non scaduti (riduzione del periodo di revocabilità della garanzia da 2 anni ad I anno) è da ricercarsi nel fatto che, essendosi qui già verificato un inadempimento, se il creditore si tutela mediante la costituzione di una garanzia a proprio favore, la presunzione di conoscenza dell'insolvenza del debitore che si può ricavare da un siffatto comportamento appare meno forte che nella fattispecie in cui l'inadempimento non si è ancora verificato.

34. Simulata apertura di credito e contestuale concessione di garanzia

Un'ipotesi assai frequente che merita perciò di essere menzionata è quella della simulata apertura di credito e contestuale concessione della garanzia. Essa consiste nel creare una simulata apertura di credito a favore del debitore, con contestuale concessione di garanzia da parte di quest'ultimo, per nascondere una concessione di garanzia per debito in realtà preesistente o, addirittura, un atto solutorio. Per fare un esempio quando una banca apprende lo stato di dissesto del cliente suo debitore (di solito, per saldo passivo di conto corrente), anziché richiedere una garanzia per il debito, può simulare un'apertura di credito con contestuale prestazione di garanzia, ed incamerare poi la somma, che simula di aver anticipato, a soddisfazione del debito preesistente, trasferendo in tal modo l'operazione sotto il più lieve regime del secondo comma dell'art. 67. Siffatte operazioni sono unanimemente state ritenute dalla giurisprudcnza come revocabili ai sensi del primo comma dell'art. 67

35. Atti costitutivi di diritto di prelazione per debiti preesistenti

Per quanto riguarda gli atti costitutivi di diritto di prelazione per debiti preesistenti, in quanto particolarmente sintomatici dello stato di difficoltà del debitore, essi sono revocabili in forza del primo comma dell'art. 67.

36. Il concetto di contestualità

Per quanto attiene poi al concetto di contestualità deve osservarsi che per principio consolidato della giurisprudenza della Suprema Corte, largamente accolto dalle magistrature di merito, la contestualità richiesta dal secondo comma dell'art. 67 non implica una contemporaneità o simultaneità assoluta o meramente formale, ma è sufficiente che il negozio principale e quello accessorio di garanzia siano

contemporaneamente voluti dalle parti, anche se vengano poi attuati con atti in data diversa. Va peraltro segnalato che, mentre alcune decisioni, enunciando tale principio, hanno voluto semplicemente affermare che il concetto di contestualità fra negozio principale e negozio di garanzia non va inteso in senso strettamente cronologico, sicché la contestualità non può essere esclusa quando la garanzia, prevista all'atto del sorgere del credito, venga costituita entro un tollerabile tempo successivo; la maggior parte delle sentenze hanno invece inteso dire che, per quanto riguarda l'accertamento della contestualità, si deve avere riguardo unicamente al momento in cui la garanzia fu concessa, irrilevante essendo il successivo momento in cui la stessa sia stata effettivamente costituita. A questa opinione aderisce la prevalente dottrina; tuttavia in casi siffatti, sarà comunque compito del giudice accertare in ciascun caso concreto se nascita del credito e costituzione della garanzia siano stati, o non, voluti contemporaneamente.

37. Ipoteca giudiziale iscritta in virtù di decreto ingiuntivo opposto

Va infine segnalata l'inefficacia nei confronti della massa dei creditori dell'ipoteca giudiziale iscritta in virtù di decreto ingiuntivo avverso il quale sia stata proposta opposizione qualora al momento della dichiarazione di fallimento il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo sia ancora pendente.

38. Ricorso abusivo al credito, Concordato Preventivo e Amministrazione controllata

A questo punto, mi siano consentite brevi riflessioni sull'incidenza che la fattispecie prevista dall'art. 218 L.F. può avere su alcuni importanti istituti previsti dalla legge fallimentare: il concordato preventivo e l'amministrazione controllata.

Quanto al primo istituto deve osservarsi che tra le condizioni di ammissibilità della procedura di concordato preventivo l'art. 160 L. F. include anche quella che il proponente non abbia subito condanne per bancarotta o per delitto contro il patrimonio, la fede pubblica, l'economia pubblica, l'industria o il commercio. Orbene sia che si inquadri il delitto di ricorso abusivo al credito nella categoria dei reati fallimentari sia che lo si qualifichi come reato contro il patrimonio è evidente che la sentenza irrevocabile di condanna per il reato sopradetto costituisce insormontabile ostacolo all’ammissibilità della procedura di concordato. Peraltro non è questo il caso più rilevante e frequente in cui la figura delittuosa in esame interferisce con gli istituti del concordato preventivo e dell'amministrazione controllata dovendosi invece concentrare l'attenzione su quelle ipotesi in cui il ricorso abusivo al credito non sia stato ancora sottoposto al vaglio del giudice penale o financo non abbia ancora formato oggetto di indagine da parte degli organi inquirenti e ciò perché, di regola, l'acquisizione da parte del P.M. della notizia di reato relativa alle condotte sanzionate dall'art.218 L,.F. non avviene per effetto della denunzia presentata dal creditore che sia rimasta vittima del comportamento illecito del debitore bensì a seguito delle notizie acquisite dagli organi fallimentari ovvero nel corso dell'istruttoria iniziata dal P.M. in relazione a fatti di bancarotta o comunque gli altri reati fallimentari. Infatti una volta che il debitore sia stato ammesso con decreto del Tribunale alla procedura di concordato preventivo, sia esso con garanzia ovvero con cessione dei beni oppure misto e semprechè la proposta concordataria riporti il voto favorevole della maggioranza qualificata dei creditori, calcolata sia con riferimento al numero dei creditori votanti che all'importo complessivo dei crediti ammessi al voto, si apre il giudizio di omologazione nell'ambito del quale il Tribunale deve accertare:

Orbene proprio con riferimento a quest'ultimo requisito è evidente che il comportamento del debitore che integri l'ipotesi delittuosa prevista dall'art 218 L.F. ed indipendentemente dall'accertamento della commissione del reato in sede penale, può assumere, nel contesto di una valutazione complessiva sia dei motivi che hanno determinato la situazione di decozione sia dei comportamenti serbati dal debitore anteriormente alla proposizione della proposta di concordato, una efficacia ostativa alla omologazione del concordato preventivo. I riflessi negativi che la commissione dei fatti sussumibili nella fattispecie penalmente sanzionata dal citato art. 218 L.F. possono comportare sul giudizio di meritevolezza demandato al Tribunale possono riguardare sia il momento causale, ove si consideri che il ricorso al credito, operato quando già sussiste una situazione di dissesto, può essere causa determinante o comunque concorrente dello stato di irreversibile impotenza patrimoniale che spinge il debitore a proporre il concordato preventivo per evitare i più gravi effetti del fallimento, sia il profilo soggettivo, ove si ponga mente che, salvo ipotesi particolari, non può certo considerarsi commendevole la condotta di chi riesce ad ottenere credito dissimulando la propria effettiva situazione economico-patrimoniale carpendo sostanzialmente la buona fede dell'altro contraente sì da indurlo al compimento di atti di disposizione patrimoniale ai quali certamente non si sarebbe indotto ove avesse conosciuto le reali condizioni del debitore. La commissione di fatti integranti l'ipotesi delittuosa in esame potrà emergere dall’esame della documentazione contabile o comunque da altre indagini esperite dal Commissario Giudiziale nominato con il decreto del Tribunale che ammette il debitore al concordato preventivo ovvero può essere segnalato dallo stesso creditore che si sia indotto a concedere il credito sulla base di una situazione economico-patrimoniale apparente diversa da quella reale, il quale potrà eventualmente anche proporre opposizione all'omologazione del concordato ai sensi dell'art.180 L.F.

A non dissimili conclusioni deve pervenirsi per quanto attiene alla procedura di amministrazione controllata. Infatti l'art. 188 L.F. prevede espressamente che il Tribunale investito della decisione sulla domanda di ammissione alla procedura di amministrazione controllata oltre ad accertare la sussistenza delle condizioni oggettive previste dalla legge deve valutare se il debitore sia meritevole del beneficio richiesto. Il giudizio, in quest'ultima procedura, si configura come condizione di ammissibilità, laddove nel concordato preventivo costituisce uno degli elementi alla cui sussistenza è condizionata l'omologazione con sentenza del concordato.

         
  

 

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